Boschi e foreste: lavorare nelle Marche

Foresta Monte della Laga

27 Febbraio 2017

Oltre 400 persone registrate, in prevalenza studenti e neolaureati del D3A, ma anche circa 100 dottori agronomi e dottori forestali iscritti agli ordini di Marche, Umbria, Abruzzo, Emilia Romagna hanno partecipato al convegno “Lavorare nel settore forestale-ambientale: opportunità in una società in transizione” svoltosi in Aula Magna UNIVPM giovedì 23 febbraio e organizzato dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali di UNIVPM, dalla Regione Marche Assessorato Agricoltura e dall’Ordine Regionale dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali.

 

Abbiamo meglio compreso qual è il nostro ruolo e la nostra potenzialità nella società di oggi - ha detto uno studente presente - che dobbiamo valorizzare le conoscenze acquisite con lo studio, ma anche che non possiamo attendere che il lavoro ci piova dal cielo e che possiamo anche inventarcelo”. “L’obiettivo del convegno era fornire ai giovani (studenti e laureati) il più ampio panorama delle possibili opportunità occupazionali nel settore forestale-ambientale, a scala nazionale e regionale – ha detto il prof. Carlo Urbinati. Gli interventi hanno coperto numerosi temi, vecchi e nuovi, spaziando dalla conservazione ambientale, alla gestione attiva e alla pianificazione dei sistemi forestali, alla valorizzazione turistica ed energetica, evidenziando il ruolo di mediatore culturale del laureato in scienze forestali-ambientali fra le risorse naturali e le esigenze della società ed infine la necessità di valorizzare il ruolo professionale specificodi interagire con figure professionali anche molto diverse e di cercare nicchie fruibili da valorizzare fra le pieghe della marginalità ”.

 

I DATI - In Italia le foreste coprono circa 11 milioni ettari (nelle Marche circa 300.000 ha) ovvero oltre il 30% della superficie totale. Mediamente su ogni ettaro di bosco è presente una massa legnosa di oltre 150 metri cubi in continua crescita. I prelievi risultano complessivamente inferiori a un terzo dell’incremento annuale (circa 5 metri cubi/ettaro/anno), risultando tra i più bassi dell’Unione Europea. Oltre due terzi del fabbisogno di legno e derivati siamo costretti ad importarli dall’estero, spesso da paesi in cui è forte il rischio di illegalità o di insostenibilità ambientale nella produzione e commercializzazione. Il settore legno dell’industria manifatturiera è il secondo in Italia coinvolgendo 80.000 imprese e circa 400.000 addetti garantendo un saldo commerciale positivo.

Il punto debole del sistema foresta-legno è peraltro quello della gestione selvicolturale, delle utilizzazioni e della prima trasformazione; una larga parte delle foreste italiane soprattutto nel settore Appenninico sono in abbandono da alcuni decenni, condizione che spesso indebolisce l’assetto socio-economico delle aree montane. Secondo alcune recenti stime potrebbe assorbire a livello nazionale circa 35.000 nuovi posti di lavoro, soprattutto nei settori della selvicoltura e dell’arboricoltura da legno (e del verde urbano). Foreste e piantagioni possono essere considerate come estese infrastrutture verdi e come ambiti privilegiati per la green economy , con attività in grado di stabilizzare le popolazioni nelle aree interne e montane, migliorare l’assetto idro-geologico dei bacini imbriferi, del paesaggio nel suo complesso e la vivibilità nelle aree urbane, limitare ulteriori processi di consumo di suolo, nonché mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e contribuire alla conservazione della biodiversità vegetale e animale.