Salvare il Camoscio appenninico dall'estinzione

Camoscio appenninico

13 marzo 2019

A un recente convegno tenutosi a Preci (“La gestione del capitale naturale nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini” 7-9 marzo 2019) e organizzato dal Parco Nazionale dei Monti Sibillini, sono stati presentati i risultati delle analisi genetiche sulla trota mediterranea (Salmo macrostigma, nell’ambito del Progetto europeo Life+ TROTA) e sul camoscio appenninico  (Rupicapra pyrenaica ornata) realizzate presso il Laboratorio di Biologia evolutiva del DiSVA Dipartimento di Scienze della Vita e dell'Ambiente della Politecnica, coordinato dal Prof. Vincenzo Caputo Barucchi.

 

Il lavoro sul camoscio è stato condotto su un cranio sub-fossile ritrovato in una grotta alle pendici del Monte Vettore, nel cuore del Parco. La datazione al radiocarbonio effettuata sul prezioso reperto ha indicato un'età di circa 3.000 anni e dimostra in modo inequivocabile che il camoscio era autoctono nella nostra Regione.

 

Alcuni anni fa era stata infatti ipotizzata un’origine alloctona della specie a partire da esemplari dei Pirenei introdotti nel Settecento dai sovrani borbonici di Napoli. L’analisi del DNA antico estratto da un frammento di osso ha inoltre svelato che l'esemplare era portatore di un genotipo che oggi non è più presente nella popolazione attuale, caratterizzata infatti una bassissima variabilità genetica dovuta ai numerosi crolli demografici che l’hanno portata più volte vicinissima all’estinzione.

 

Fortunatamente, partendo dagli ultimi camosci abruzzesi, la specie è stata reintrodotta sui principali massicci montuosi dell'Italia centrale, compresi i Monti Sibillini, grazie al “Piano d’azione nazionale per il camoscio appenninico”. La speranza è che queste nuove popolazioni, malgrado la scarsa diversità genetica, possano salvare il camoscio appenninico dall'estinzione.